Sì, la situazione è grave. Se c’è gente che esulta per una tragedia del mare, qualcosa è andato fuori il controllo anche di chi questa mentalità l’ha propagata, coccolata, foraggiata.
C’è un’ inquietante saldatura tra i sintomi della sovraesposizione mediatica e quelli risultanti dalla propaganda qualunquista e particolaristica che ha martellato per gli ultimi venticinque anni, tale da declassare dallo status di cittadino a quello di spettatore (con delle venature di tifo) l’ampia fetta non intellettualmente attrezzata per fare fronte all’attacco, e così difendere *davvero* la propria identità culturale.
La tua identità, piccolo pezzetto di merda italiota, non la difendi bofonchiando contro il fruttarolo che rimane aperto la sera, oppure dicendo che il Kebab ti fa schifo, quando non l’hai mai assaggiato, e magari ti ingozzi da McDonald coi tuoi bambini. La tua identità la difendi conoscendo la differenza tra “c’è” e “ce”. Tra “hanno” e “anno”.
La tua identità la difendi riconoscendo l’alterità, e non negandola. L’identità è come un bambino; fallo giocare ruzzolando nella polvere con altri bambini, e crescerà forte e intelligente. Tienilo chiuso in casa – ché fuori l’è pieno de nègher – e abbottalo di antibiotici, e crescerà debole e idiota.
Lo so, parlo di vittime dell’analfabetismo di ritorno, del martellamento della propaganda, magari anche della carenza di iodio. Ma la storia insegna che non c’è niente di più pericoloso dell’idiota convinto di avere ragione. E siamo circondati.
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