E niente, arriva.
La botta di pre-nostalgia, l’ansia dell’ignoto, l’esaltazione della novità, la speranza per un futuro con chi dico io e la disillusione per un paese che non mi ha voluto. Sto cercando di imparare a pronunciare il nome del luogo dove forse andrò ad abitare, e per un nome ci vogliono due giorni – con risultati scadenti. Figuriamoci per una grammatica. Ma passerà anche questa. Con studio, dedizione e rispetto, si impara tutto; nel frattempo, ieri mi sono fatto una chiacchiera con Moneti, cui andrà il merito di aver infilato il seguito de Il Sangue di Trilussa nel giusto alveo. Personaggi nuovi si sono affacciati, e nuove ipotesi narrative hanno preso corpo. Se poi sarà l’inizio di un processo rutilante, sarà il tempo a dirlo. Nel frattempo, vorrei salutare tutti, belli e brutti, ma poi mi fermo a riflettere, e capisco che in realtà il web ci ha anche privato del senso dell’addio, del distacco netto, regalandoci una marmellata di esserci/non esserci che contribuirà in maniera significativa all’aumento esponenziale dei casi di Alzheimer nella decade 2050/2060. Con aVdoVe.
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