Postverità, postverità canaglia.
La prima volta che sentii l’ipotesi di creare un giornale con solo notizie false fu ne 2003, lavoravo in una redazione, e chi propose l’idea era il direttore, un tipo assai ben radicato nei gangli della cosa pubblica nonché un ottimo conoscitore del diritto. Propose una serie di articoli completamente falsi, privi di smentita, insomma potrei chiamarla una “pre-post-verità”.
Intendiamoci, scrivere cazzate in odore di verità è pratica vecchia quanto la stampa. L’ultimo Umberto Eco ci ha riflettuto un bel po’ (seppure evitando accuratamente l’orrido neologismo che dà il titolo a questo post). Sia ne Il Cimitero di Praga che nel più agile Il Numero Zero, il linguista si confronta con il meccanismo che insiste tra il produttore e il consumatore di notizie false, con grande dovizia di esempi e particolari. In quel caso, però, quello che mi stupiva era l’apparente assenza di scopo. Non riuscivo a capire lo scopo nel creare notizie false. Cioè, se un laziale scrivesse che Totti ha ucciso un bambino, o un Grillino che la moglie di Renzi non è laureata pur facendo l’insegnante, ci sarebbe – per così dire – un “movente”. Disgustoso, ma comprensibile da un poveraccio qualsiasi. Ma farlo così, senza senso, che senso poteva avere?
Rifiutai con orrore, convinto dei miei sani principî, e certo che quell’idea fosse un segnale della senescenza del mio capo di allora. Tipico esempio di arroganza ingiustificabile. Mettermi al di sopra di uno con il doppio dei miei anni, e per di più dotato di un’avvedutezza sulle cose umane di molto superiore alla media, figuriamoci alla mia. Il fatto che io non riuscissi a comprendere mi rendeva spocchioso, invece che umile. Che quelli fossero i primi esperimenti di manipolazione delle coscienze? Feci da cavia? Oggi quell’intuizione è regola, e io, ad oggi, non posso smettere di pensare a dove il mio capo di allora abbia avuto modo di mettere a fuoco il suo pensiero, con chi ha potuto coordinarlo fino a farlo diventare una realtà da governare con introiti molto elevati ma dalle conseguenze potenzialmente disastrose. Massoneria? Illuminati? Gesuiti? Internazionale Ebraica? La Spectre?
Sono abbastanza certo che alla base dell’idea del mio direttore di allora ci fosse una visione complessiva della realtà molto più accurata della mia, piccolo pesce rosso natante nel suo misero presente. Una proiezione aritmetica, in grado di vedere una società futura, interconnessa, al contempo contenitore/contenuto e produttore/consumatore dell’informazione. Insomma, una visione in grado di anticipare i meccanismi del web 2.0 in un laboratorio di idee.
Non lo so. Mi suona assai ridicolo il retropensiero complottista che mi è venuto, ma che i potenti abbiano le loro sedi per confrontarsi è fuori di dubbio. Ora, bisogna capire come entrarci, sfuggendo le logge di sfigati, i ciarlatani, i falsi profeti. Più facile attraversare il Mediterraneo su un gommone.
E ora mi ritrovo a riflettere da osservatore su di un tema che avrei potuto vivere da protagonista. La cosa bella è che non sono nemmeno in grado di avere un rimpianto, tale è la mia avversione verso questo stato di cose. Magari avrei pensato diversamente, sarei stato più ricco e più centrato. Magari più felice, accanto all’unica donna che davvero mi manca, ad oggi. Ma sono troppo coglione per pentirmi della mia ottusità. troppo orgoglioso per ritenerla tale.
Preferisco pensarmi come un uomo molto coerente.
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