A volte si va al cinema perché si deve. Woody Allen è uno di quei casi in cui si deve andare a vedere il film per spirito d’appartenenza, più che altro. Si sapeva che sarebbe stato un mezzo buco nell’acqua, ma ci si è andati lo stesso. In tanti. Le aspettative sono state rispettate. Il film siede su uno spunto tutt’altro che nuovo, trattato anche male, tutto sommato. Le due storie che si intrecciano, la querelle tra il commediografo e il tragediografo a tavola è – senza mezzi termini – irritante. In quella scena si legge, tra le righe, una sinistra in crisi, preda di un’autocontemplazione estatica delle proprie (scarse) fortune, e sempre più lontana dalla base. Quella stessa base che le ha fatto perdere le elezioni più importanti dalla seconda metà del XX secolo. Da questo punto di vista, la conversazione sofisticata nel bel ristorante di Manhattan a proposito del Nulla, fa veramente perdere il senno. Perché Allen giri queste stronzate (oramai ne sforna una all’anno) rimane un mistero. Mah, mi andrò a rivedere Zelig.
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