Non sostengo le ragazze del porno, il collettivo di cineaste che – sulla scia svedese, francese e Votriarese – ha avviato un crowfunding per riuscire a produrre una serie di corti porno. Anzi, devo dire che le avverso. E di brutto, temo.
-“Ma come, proprio te?”
Certo, una parte di me fa il tifo per un esperimento che (finalmente) segnerebbe la presenza di donne pensanti, consapevoli e sessualmente centrate in un paese che ha sdoganato l’immagine femminile come corpo eterodefinito e oggettivizzato. Però, c’è un però. Non è correttissimo politicamente (ma con alcune ragioni sostenibili), ma è grosso come una casa.
Non è sessismo, e tantomeno un rigurgito machista, casomai proprio il contrario. Da una parte c’è la paura di essere defraudato di uno degli ultimi baluardi della coscienza di genere maschile: dai VHS con scritto sopra “Matrimonio di Elsa” a Youporn, c’è una linea ininterrotta di solidarietà esclusivamente maschile che ci ha fatto ridere, eccitare, vergognare e diventare miopi; l’assenza totale di femmine da quella linea è condizione imprescindibile per i maschi. Sarebbe come entrare con gli anfibi infangati in Moschea, o – peggio – mettersi a interloquire nelle chiacchiere tra estetista e depilanda. Dall’altra parte, da una prospettiva più personale, c’è un lato molto intimo del mio essere maschio – quello adolescenziale che è rimasto chiuso nel bagno all’atto del mio sviluppo e che ne uscirà solo con i piedi in avanti – che sente la voce femminile nel porno come mia madre quando bussava con insistenza nel momento più sbagliato possibile. Tremendo.
Io sono per la parità effettiva. Sono contento che ci sia la D’Amico a presentare il calcio di punta in TV; ringrazio Iddìo (o chi ne fa le veci) che la mia compagna lavori; amo cucinare, faccio le faccende di casa, lavo, stiro e porto i cani a fare pipì. Non conosco differenze nella gestione della vita, e nonostante io faccia parte della sciagurata generazione che funge da giuntura tra due modi diversi di intendere i ruoli, sento già di essere proiettato nella società del futuro, mediante un’entusiastica accettazione di quella presente.
Dopodiché, non c’è progresso senza reazione, e non c’è sviluppo senza contraddizioni. E in questo ragionamento ce ne sono tante, lo so bene.
Perdonatemi, quindi.
Lasciatemi l’ultimo tabù della maschilità, almeno quando mi faccio le pippe.
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