Kar Wai Wong ci regala un film, presentato come il seguito di “In the Mood for Love”. Il film è piacevole, articolato e con una galleria di personaggi varia e “pittorica”. Realtà e fantasia si inseguono e si spiegano vicendevolmente: il romanzo diventa la realtà dell’io narrante filtrata, e la vita vissuta diventa essa stessa oggetto di narrazione. Bello. Bella l’idea – vagamente Dickiana dell’androide con le emozioni differite. Sembra un’effettiva evoluzione di Rachel in Blade Runner, frutto di un’elaborazione originale e delicata. Sul piano della narrazione “storica”, invece, è apprezzabile la prospettiva in cui vengono illustrate le Tigri Asiatiche negli anni sessanta. Hong Kong, Singapore e la Malesia – così come il giappone – sono presenti in personaggi e in (belle) pagine di narrazione, e non con espedienti facili e costosi di fotografia. Come dire, quando pagine di livello sostituiscono sets miliardari.
Per quanto riguarda invece l’ultimo di Agnès Jaoui, tradotto a cazzo di cane dall’originale “Comme Une Image”, si tratta di una pellicola accattivante, ma non destinata a rimanere impressa nella memoria. Le vicende delle famiglie di scrittori sono carine e ben articolate; i personaggi tutti ben ritagliati. Sylvia, l’insegnante di canto interpretata dalla stessa Jaoui mi ha colpito molto, per delle sfumature periferiche del personaggio: sguardo, modo di relazionarsi e uscita finale sembrano denunciare suoi effettivi trascorsi nel mondo che descrive, tanto è attendibile. Quello che manca è una storia avvincente, ma il tipo di cinema – molto francese – è più incline al situazionismo che non allo sviluppo narrativo. Degno di nota l’assistente ex-terrorista bruciato, esilarante in alcune pose. Bravissimi tutti gli attori, e plot scritto molto bene. Il Film scorre, fresco e limpido, ma non rimane. E’ nella sua natura.
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